Il castagno
Quando sfioriva e rinverdiva il melo,
quando s’apriva il fiore del cotogno,
e il greppo azzurro, somigliava un cielo
visto nel sogno;
Brullo io te vidi; e già per ogni ripa
erano colte tutte le viole,
e tu lasciavi ai cesti ed alla stipa
tutto il suo sole:
Tutto spargesti i cardi irti e le fronde
fragili, e tutto portò via festante
la grama turba. Nudo con le monde
rame, o gigante,
Stavi, e vedevi tu la vite e il melo
vestiti d’oro e porpora al riflesso
già delle nevi, e per lo scialbo cielo
nero il cipresso …
Er te i tuguri sentono il tumulto
or del paiolo che inquieto oscilla;
per te la fiamma sotto quel singulto
crepita e brilla;
Tu, pio castagno, solo tu, l’assai
doni al villano che non ha che il sole;
tu solo il chicco, il buon di più, tu dai
alla sua prole;
Ha da te la sua bruna vaccherella
tiepido il letto e non desìa la stoppia;
ha da te l’avo tremulo la bella
fiamma che scoppia.
Scoppia con gioia stridula la scorza
de’ rami tuoi, co’ frutti tuoi la grata
pentola brontola. Il vento fa forza
nell’impennata.
Nevica su le candide montagne,
nevica ancora. Lieto è l’avo, e breve
augura, e dice: Tante più castagne
quanta più neve.
(G. Pascoli - Myricae, 1894)